domenica 3 marzo 2013

Saoseo 1-3 marzo 2013

Questa volta mi sono deciso e finalmente parto, purtroppo da solo, da Roma per il rifugio Saoseo in Svizzera per tre giorni di scialpinismo con la guida Alberto Paleari. Lascio Roma giovedi pomeriggio e passo la notte in val Camonica. La mattina dopo supero il passo dell'Aprica, scendo in Valtellina a Tirano e risalgo la strada verso il passo Bernina. Mi fermo a Poschiavo a chiedere indicazioni e poi mi fermo a Sfazu (1600) dove parte la strada che porta al rifugio. Non vedo però nessuno ed il telefono non prende. Poi mi accorgo di un parcheggio poco distante, lo raggiungo e trovo la compagnia di questi tre giorni. Saluto Livia ed Alberto e gli altri “clienti”: siamo in tutto in sette. Ci prepariamo (io fatico ad infilare anche le “inutili” scarpe nello zaino) e partiamo sci ai piedi per la strada bianca, ora di neve, che ci porta in circa 4 km al rifugio che è poco sotto ai 2000 metri. Cerco di fare qualche foto, gli scenari intorno sono favolosi.


Il tempo è ottimo, fa caldo ed in circa un'ora e mezzo siamo al rifugio.

Lasciamo i “bagagli” e proseguiamo per la prima gita verso pass da Sach. Saliamo prima nel bosco, attraversiamo una grande radura e saliamo seguendo delle tracce recenti. Lasciato il bosco la visuale si apre sulla parte alta della valle di Campo chiusa da cime maestose tutte intorno ai 3000 metri. Alberto alterna tratti sulla traccia già fatta a deviazioni su neve vergine. Incrociamo tre ragazze che scendono. Arriviamo quindi su una sorta di anticima dove si fermano le vecchie tracce. Alberto prosegue prima su un lungo traverso e poi per un tratto più ripido. Qualcuno, stanco, si ferma alla fine di questo tratto pago di quanto fatto, io sono tentato ma poi stringendo i denti arrivo al passo (2731).

Stefano al pass da Sach

Siamo sul confine Svizzera- Italia. Scendiamo su neve buona in alto e che si fa più pesante in prossimità del rifugio. Ci sistemiamo quindi nella nostra stanza da 8 (abbiamo quindi una cuccetta libera) e poi ci concediamo una birra nella sala comune del rifugio. La cena arriva prestissimo alle 6 e 30 (minestra come primo, poi pizzoccheri come secondo e dolce) con un servizio molto premuroso e generoso da parte del gestore Bruno (anche lui guida) e della sua famiglia. Prima di andare a dormire Alberto ci prospetta la gita del giorno dopo ad anello con due salite ed altrettante discese di cui la prima su un versante a nord con neve “polverosa”. La notte passa tra rumori di gente arrivata sul tardi al rifugio, russate varie e avventurosi viaggi al bagno due piani più sotto. Sveglia alle 6 e Carlo, nell'oscurità della stanza, scendendo dal letto in alto fa una brutta caduta battendo violentemente un piede.

Alle 7 e 30 siamo già sci ai piedi fuori dal rifugio ma Carlo, dopo aver provato qualche passo, rinuncia. Risaliamo la valle alle spalle del rifugio in mezzo al bosco che abbandoniamo in prossimità di un bellissima casetta di legno quasi scomparsa nella neve.

Ci spostiamo ora verso il lato sinistro della valle (destro orografico) ed iniziamo a risalire pendii più ripidi verso la nostra prima meta: col de la val Nera. All'ultima inversione del tratto più ripido cado e pasticcio un po' per rimettermi in piedi. Poi nell'attraversare dei residui di una slavina e risalire uno scalino rompo un bastoncino ed Alberto, pazientemente, me lo ripara.

Siamo finalmente al passo (2991). Ci riposiamo e prepariamo per la discesa già solcata da numerose scie. Alberto parte spostandosi a sinistra per cercare, credo, un po' più di pendenza e di neve ancora vergine. La neve è fantastica (Alberto direbbe stupenda nella sua particolare scala di classificazione che prevede solo bella e stupenda). Io inseguo gli altri (ieri mi sono subito reso conto di essere il peggior sciatore del gruppo) mescolando voglia di migliorarsi e desiderio di godersi una neve mai provata prima. Incrociamo una lunga carovana di sciatori che salgono evidentemente dalla valle che da passo Forcola scende a Livigno.

Continuiamo nella valle che si apre fino ad imboccare un traverso a sinistra già tracciato che ci porta su una valle laterale per risalire quindi al secondo passo della nostra gita: pass da val Mera. Nell'ultimo tratto di discesa faccio un volo spettacolare a faccia avanti! Risaliamo ora in una valle dove ci siamo solo noi seguendo una vecchia traccia. La fatica si fa ora sentire e offusca un po' il piacere di stare in uno scenario “da sogno”! Arriviamo allo scollinamento dove scopriamo che dobbiamo ancora proseguire, perlopiù in piano è vero, ma per arrivare al passo vero e proprio ci vuole un'altra mezz'ora. In sosta al passo ci sorprende Carlo che appare come una visione dal pendio che ci apprestiamo a scendere.

Dopo una mezza giornata di riposo si è sentito meglio e ci è venuto incontro con micidiale puntualità. Scendiamo quindi di nuovo compatti per una discesa che Alberto ha definito “bella e facile”. Mi rendo subito conto che non è proprio così affrontando un primo muretto ormai battuto ma piuttosto ripido. Seguo le tracce degli altri e supero il primo tratto.

La discesa è fatta a grossi gradoni ed a pendii più ripidi si alternano tratti più dolci. In breve siamo sulla stradina che ci porta al rifugio. Beviamo qualcosa insieme e poi io mi riposo un po' in attesa della cena (zuppa di pomodori, brasato e dolce). Alberto cerca l'itinerario per l'ultimo giorno ed alla fine si decide per Corn da Murasciola, una cima che abbiamo proprio di fronte al rifugio verso sud. Di nuovo sveglia alle 6, preparazione dei bagagli e poi in marcia per la nostra ultima meta.

Saliamo su neve a tratti un po' dura in mezzo al bosco che circonda il rifugio e poi, uscendo dalla traccia già presente e seguendo le indicazione del gestore affrontiamo un lungo traverso su pendio ripido e neve abbastanza dura che io vivo non senza una certa apprensione. Solo alla fine del traverso Alberto ci fa mettere i rampant e poi affrontiamo la salita verso la cima con lunghe diagonali sempre su neve dura su un pendio ora nettamente a sud. Quando il pendio si fa ancora più ripido Alberto si ferma per mettere i ramponi e consiglia a Livia, Carlo e me di fermarci: Giorgio si è già fermato un centinaio di metri più in basso. Proseguono solo Agostino ed Achille con Alberto: la neve comincia a mollare e vedo che si fa una grande fatica con ramponi e sci in spalla. Attendiamo su una piccola piazzola ricavata sul pendio godendoci il panorama ed un tizio che scende proprio davanti a noi con il parapendio. Dopo circa tre quarti d'ora compaiono sciando i tre che sono andati in vetta. Alberto ci raccomanda di scendere uno dietro l'altro e di stare in scia. Superiamo così il tratto più ripido e poi traversiamo per riattraversare il bosco con neve ora già pesante. Siamo di nuovo al rifugio dove beviamo e mangiamo qualcosa tutti insieme e poi ci incamminiamo sci ai piedi per la stradina che ci riporta alle macchine.

E' bellissimo per me incontrare tante persone che salgono al rifugio (è ormai mezzogiorno passato), a piedi, con gli sci, con bambini seduti su slittini: ne incontriamo veramente tante. Alle macchine ci salutiamo e ripartiamo ognuno per la sua meta. Insomma una bella esperienza per il posto, gli itinerari fatti, l'accoglienza del rifugio, la competenza di Alberto ed infine l'affiatamento con gli altri compagni fino a tre giorni fa sconosciuti.